In una breve lettera ai fedeli per presentare questa fase del Sinodo diocesano, il parroco don Carlo Fatuzzo ha chiesto alle persone incontrate dai “volontari dell’ascolto” parrocchiali di rispondere brevemente, ma liberamente e sinceramente, alle quattro domande indicate più sotto.
Nella parrocchia di S. Maria Maggiore si sono resi disponibili come “volontari dell’ascolto” sei persone, che hanno svolto il loro compito durante il mese di marzo 2022.
Esse hanno incontrato 25 persone individualmente, uno ha riferito di aver contattato un gruppo di giovani e di aver unificato le risposte; solo di sei persone incontrate è stato specificato il sesso (tre maschi e tre femmine) e l’età: i primi di 45, 53 e 67 anni, le seconde di 34, 54 e 57.
Ecco le domande e la sintesi delle loro risposte.
1) Nella tua esperienza di vita, che contatti hai avuto con la Chiesa?
E’ stato detto trattarsi di “contatto d’amore”; o di contatti “da credente ottimi”; o che “oltre ad essere un luogo sacro è un luogo che ci offre di stare in comunità con gli altri”; in un caso i contatti ci sono stati “non sempre”.
Uno ha avuto “molta frequenza da adolescente con le suore Pie Operaie stando in collegio”; un altro dice “sia io che la mia famiglia siamo fedeli praticanti e la Chiesa ci ha aiutato varie volte”;
Un terzo parla inglese: “Me and my family we are all christians; we love God so much, thank you, Jesus, we god all thing are possible”.
Quattro persone hanno affermato di aver avuto “i contatti classici dei sacramenti”, una senza altri commenti; un’altra “per sentirmi sempre vicino alla Chiesa e a Dio; ho vissuto molto la Chiesa da piccolo e anche oggi spesso sento il bisogno di parlare con Dio, che mi ha aiutato molto nella vita”; un’altra “ora frequento poco perché ho i bambini piccoli”; un’altra “ero animatrice di oratorio, mi sono allontanata dopo un’esperienza dolorosa per me non corrisposta da Dio”.
Le altre risposte sono state molto varie: “La Chiesa è la mia seconda casa, ho avuto una famiglia cristiana che mi ha insegnato le cose che contano, onestà, condivisione ecc.”; “Mi sono sempre sentita accolta e ascoltata, in vari momenti ho chiesto una mano a Dio, ho pregato per qualcuno”;
“Chierichetto, catechismo da bambino, Azione Cattolica e gioventù francescana”; “La Tradizione trasmessami da mia madre mi è restata, vado sempre a messa con le bimbe, frequento anche altri momenti”; “Ho frequentato assiduamente la Chiesa in gioventù, mi ha aiutato nella crescita attraverso l’associazione della Gioventù Mariana”; “Credente come tutta la mia famiglia, ho avuto contatti con tutti e su tutto: catechista, volontariato, tutti siamo nella Chiesa”; “Sono cattolica, frequento la chiesa tutte le settimane, porto anche i miei figli”; “Sono ortodossa, frequento molto la Chiesa, Dio è il mio migliore amico, ci parla”.
Uno dichiara “molti contatti e occasioni di vita nella Chiesa, soprattutto attraverso gli obiettori di coscienza e la collaborazione nella Caritas diocesana”; due sono state educatrici nell’Azione Cattolica parrocchiale, una di esse partecipando “molto alla vita parrocchiale fino ai 35 anni”.
Poi, di tre persone che attualmente “non frequentano molto la parrocchia”, una l’ha fatto da ragazzino; un’altra ha “avuto contatti frequenti da giovane, meno da adulto”; un’altra si sente “comunque parte della Chiesa e collabora con la parrocchia soprattutto per le attività pratiche”.
C’è poi il gruppo di ragazzi e ragazze (di numero imprecisato) intervistati collettivamente, che “frequentano la comunità da quando sono nate”, che su questa prima domanda affermano di “non capire tutto quello che fanno (gesti, parole, riti) ma lo fanno in maniera automatica, e questo un po’ le annoia e un po’ le aliena”.
2) Ti sei sentito accolto e accettato oppure no?
In maggioranza hanno affermato di essersi sentiti accolti nella Chiesa, con queste specificazioni:
“Sì”; “Sì, sempre”; “Sì, sia a livello spirituale che materiale”; “Con la preghiera molte volte”; “Dalla Caritas sì”; “A parte la Caritas non ho avuto altri aiuti”; e poi quello che parla inglese:
“My God protecting me and my family all power belong to you Jesus”.
“La parrocchia è sempre stata la nostra casa”; “Assolutamente sì, anche quando ho chiesto”; “Tante volte, soprattutto in questo periodo in cui io e la mia famiglia abbiamo dovuto fare i conti con delle malattie, e se oggi le cose stanno andando meglio sono sicuro che è anche grazie al Signore”;
“Sì, ho sempre sentito la mia appartenenza a Dio, sia nei momenti brutti in cui mi sono rivolta a Lui, sia nei momenti belli in cui ero felice”; “Nella Chiesa di Dio ho potuto fare tante belle esperienze, sono accolta così come sono”.
Una persona si è “sentita accolta abbastanza”; un’altra si è “sentita accolta e anche molto aiutata”; un’altra si è “sentita accolta prima da Dio, poi dai parroci e da tutti”; un’altra si è “sentita accolta dal parroco, dai focolarini, e attraverso visite a donne è nato il volontariato vincenziano”; un altro si è “sentito accolto per la crescita della fede e della preghiera”. Una si è “sentita accolta e mi ha aiutato molto in età adolescenziale”; una si è “sentita accolta in quel periodo”; una “mi hanno aiutato solo su richiesta”; una “mi sono sentita accolta, poi non so perché mi sono allontanata”;
Una si è sentita accolta “negli anni della giovinezza, ora non frequento”.
La signora ortodossa dice: “la Chiesa cattolica mi ha aiutato molto, anche per i bambini che seguo, non in maniera uguale quella Ortodossa, (dove) c’è molto interesse personale”.
Due maschi adulti: uno “non partecipo tanto alla vita comunitaria perché il parroco e alcuni suoi collaboratori sono a volte troppo “chiusi” in quello che fanno, come se facessero difficoltà all’intervento dei nuovi”; l’ altro “con alcuni parroci mi sono trovato benissimo perché vedevo che si preoccupavano molto dei giovani e davano loro fiducia; con altri no, forse non sapevano “capirci” e facevano sempre prevalere le loro posizioni”.
I ragazzi ascoltati in gruppo “non si sentono completamente accolti, non riescono ad avere un rapporto di stima nei confronti del clero e della comunità più assidua, sentono molta ipocrisia, molte parole e pochi fatti e soprattutto molti giudizi e poche parole sincere, ciò che si dice “dentro” si sconfessa fuori, con atteggiamento e parole diverse”.
3) Oggi rispetto alla Chiesa dove o come ti collochi?
Tre intervistati non hanno risposto alla domanda. Una risponde “stando molto per conto mio, ho famiglia”; una si dice “malata spiritualmente”. Gli altri si possono dividere in
Quelli rimasti vicini alla Chiesa (“Vicinanza e affetto”; “Per tutta la famiglia la Chiesa è ai primi posti, alcune figlie sono catechiste, io sono contenta”; “Sia come mamma che come cattolica mi colloco all’interno della comunità ecclesiale, ho avuto tante esperienze positive”; “Sono dentro la Chiesa, è la mia famiglia”; “Nella comunità dove è sempre la casa del Signore mi ritrovo per pregare e parlare con gli altri”; “Sono credente e credo che la Chiesa sia molto importante come istituzione”. Per la donna ortodossa “la Chiesa cattolica è più vicina alle persone, io mi ci rivolgo spesso; i nostri preti fanno molto per interesse”. L’intervistato di lingua inglese: “I thing God Sir everything in my life and my family, glory be God. Amen”.
E quelli che se ne sono allontanati (“Non frequento tanto”; “Sono distaccata”; “Sono distante”; “Sono un po’ all’esterno”; “Al di fuori non frequento, mi è indifferente”; “Oggi sono un po’ lontano come frequentazione, per vari motivi, ma mi sento figlio di Dio”; “Ora dopo tanti cambiamenti non c’è frequentazione assidua come una volta, sono presa da tante cose, è più difficile frequentare”; “Dentro la Chiesa non sono coinvolta, sono vicina ai poveri attraverso il volontariato vincenziano, a casa spiego la Parola ai figli”; “Riconosco i valori positivi della Chiesa, ma ora la sento lontana soprattutto dai giovani”; “Oggi mi colloco fuori della Chiesa perché non la sento vicina, penso che sia ristretta ai partecipanti, che ti fanno sentire la differenza tra chi fa tanto e chi va solo a messa”.
Un uomo adulto sostiene: “credo che il sacerdote e i suoi più vicini dovrebbero uscire di più dal loro ambiente, entrare nei luoghi pubblici, incontrare tutti, anche quelli che non frequentano le sacrestie, conoscere i problemi comuni a tutti e programmare la pastorale di conseguenza”. Per un altro “saper fare il parroco mi sembra un punto importante per la Chiesa di oggi. I preti sono pochi, ma i vescovi dovrebbero destinare a parroci persone capaci, aperte, franche con tutti, socievoli, intelligenti da intuire le necessità prevalenti”.
Infine il gruppo di ragazzi: “Ci sono ragazzi che fanno gli educatori che non si sentono pronti a farlo, si sentono un po’ abbandonati a sé stessi. Vorrebbero approfondire la Parola ma non hanno gli strumenti per farlo. Non pensano che basti la sola “fiducia”, non hanno la possibilità di confrontarsi”.
4) Alla luce della tua esperienza, quali passi la Chiesa dovrebbe compiere per camminare al fianco di ogni persona?
Uno non risponde; altri confessano: “Sinceramente non lo so”; “Dando un po’ più di aiuto psicologico”; “Seguire Gesù”; “Io parlo a tutti di Dio, lo ho nel cuore, vado agli incontri di preghiera, mi riempiono, il covid ci ha allontanato dalla frequenza ma non da Dio”.
Alcune volte si consiglia alla Chiesa la cura dei giovani: “Credo che la Chiesa è completa. L’unica cosa sarebbe cercare di far avvicinare i giovani, facendo capire ad essi l’importanza della parola cristiano”; “Aiutare e ascoltare molto i giovani”; “Cercare il più possibile di far avvicinare i giovani di oggi alla Chiesa, organizzare gite nelle chiese, parlare tanto ad essi di Dio e far capire l’importanza del Nostro Signore”; “Continuare a formare i giovani dando ad essi valori come la fratellanza, l’amore, continuare a elargire la carità”.
Altre volte si invita a guardare ai poveri e in generale alle persone: “Ascoltare tanto, stare più vicino ai poveri, sentire i loro bisogni”; “La Chiesa dovrebbe camminare di più al fianco dei poveri”. “Aiutare nel cammino sempre ogni persona e mai lasciare soli davanti a dei problemi”; “Ascoltare di più”; “Essere più presente fuori delle mura parrocchiali”; “Ascoltare quello che dicono le persone e non dare solo la dottrina”; “La Chiesa è vicina alle persone, mi ha aiutato molto, ho la famiglia lontano, le persone qui sono la mia famiglia”; “Uscire dalle sacrestie e buttarsi tra la folla, spiegare meglio il Vangelo, calarlo nella vita, incarnarlo, aiutare a scoprire come Gesù entra nella quotidianità, vedere Gesù nell’altro, nel buio far entrare la luce”; “Dedicarsi di più alle famiglie, migliorare l’ascolto dei giovani (di quelli che vanno a messa e di quelli no, capire e fare azioni a favore delle persone e fare meno precetti”; “Non avere paura di affrontare le situazioni, non avere preconcetti, uscire dalle sacrestie per rientrarvi con più persone, non sentirsi al di sopra, non giudicare con molta facilità”.
Inoltre si consiglia di “Avere parroci con spirito e capaci di insegnare, cercare parroci formati per la pastorale”; “Non rendere pesante la vita della Chiesa, non sia rigida nelle regole, perché possa andare incontro a tutte le situazioni”; “La Chiesa dovrebbe essere più radicata nel mondo e nel territorio, sembra sconnessa dalla realtà; c’è bisogno di accoglienza senza appesantire i giovani con rigidità, senza pregiudizi, è una Chiesa troppo vecchia, deve avere linguaggi più vicini ai giovani”; “La Chiesa dovrebbe essere più aperta ai nuovi bisogni: omosessualità, divorzio, eutanasia, per stare vicina alle persone deve essere attenta a chi vive situazioni difficili, dimostrando apertura di vedute e rivedendo le posizioni assunte verso alcune categorie, senza pregiudizi”.
Due uomini adulti aggiungono: “Penso che periodicamente il parroco e la sua équipe dovrebbero cambiare sede, perché chi si sente “chiuso” possa avere altre opportunità di partecipazione”;
“Mi piace l’attitudine all’accoglienza verso i profughi, i poveri, le persone in difficoltà, di tanti settori della Chiesa moderna, e l’opera sociale della Chiesa che spesso supplisce alle carenze dello Stato. Giusto quindi che lo Stato aiuti questa Chiesa”.
Il gruppo di giovani intervistato ritiene che “i giovani si sentono un po’ ai margini perché ritengono le regole vigenti obsolete, non solo riguardo a divorziati, accompagnati ecc., ma riguardo allo stesso clero, considerato “poco vario” e incapace di comprendere i problemi attuali e stare vicino al prossimo. Perché i preti non si sposano, e soprattutto: la donna dov’è?” Nonostante questo, i giovani intervistati continuano a frequentare e a portare del loro perché una cosa sicuramente passata è l’amore per il prossimo, la carità e il libero arbitrio. Solo qualcuno si è allontanato, per l’ipocrisia o per scarsa comprensione dei gesti, dei riti ecc. della Chiesa.