Sono rimasto edificato perché in questa Assemblea diocesana ognuno ha cercato di mettere la sua parte e quindi grazie davvero.
Siamo tutti alla ricerca di qualche cosa che possa renderci più capaci di essere attrattivi, lo dicevamo che “la Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione”.
In questo poco tempo è stato impossibile fare una sintesi dei gruppi e fare un’opera compiuta però è importante per proseguire il cammino. Ora vi lancio qualche flash che è arrivato dalle sintesi, qualche battuta che ci siamo raccontati e che ritorna da diversi gruppi; soprattutto una cosa che è emersa è che questi tre ambiti che abbiamo messo in evidenza sono tra di loro concatenati, cioè è difficile tracciare una linea di confine e in qualche modo si rincorrono le problematiche e anche le chances legate a questi ambiti.
Ad esempio, rispetto all’ambito della formazione veniva fuori che non è soltanto da pensare in chiave didattica, ma come forma e azione. Emergeva, soprattutto, che la formazione è anche in qualche modo espressione e frutto dell’esperienza vissuta, formazione esperienziale, domestica e gioiosa per la quale è necessario soprattutto mettersi nella condizione di attivare percorsi.
È emersa poi, la relazione tra ascolto e formazione, che non è detto che l’ascolto escluda la formazione, anzi, ambedue questi aspetti sono fondamentali.
A proposito di formazione, non possiamo creare delle categorie fra formazione al Signore, a Cristo e formazione umana, ma è fondamentale che la comunità metta in evidenza che l’essere cristiani significa essere formati umanamente, cioè il cristiano è l’uomo, la donna vera, cioè liberi. La formazione umana non può mai essere data per scontata ma è fondamentale ed è espressione anche dell’appartenenza alla famiglia dei figli di Gesù.
Inoltre, si diceva riguardo ai giovani il bisogno di una testimonianza concreta, frutto di un servizio dei formatori, quindi non soltanto formazione ma soprattutto formatori, che siano espressione della comunità.
È importante il ruolo dei giovani ma è importante anche che ci sia una testimonianza intergenerazionale dove tutti, in qualche modo, possono portare il proprio contributo particolare.
(Naturalmente questi sono tutti flash e comprendete come dietro ad ogni aspetto, c’è un mondo che si può attivare).
C’è bisogno di formatori non accademici ma di guide, di persone che attraverso la testimonianza ci conducono al Signore.
Sempre rispetto ai giovani si diceva che è importante la cura nei loro confronti, ma anche che i giovani stessi abbiano cura tra di loro attivando sempre più questa attenzione particolare.
Sul discorso del linguaggio sono venuti fuori tanti spunti. Si raccontava ad esempio, che quando qualcuno vede su una bacheca “corso biblico sull’ascolto” subito viene una reazione negativa, di allontanarsi. Allora ci si chiedeva come possiamo introdurre le persone ad arrivare a sentire e a conoscere le parole che sono nella Bibbia?
Importante è riuscire a condurre le persone a fare l’esperienza, un po’ come, in qualche modo, l’abbiamo fatta in questi giorni, quindi essere una comunità che forma, come ritorna spesso anche nelle condivisioni.
È emerso che i giovani sono soggetto della nostra attenzione, ma qualcuno diceva che bisogna fare attenzione che non si faccia una crociata sui giovani, quasi che i giovani siano il problema.
I giovani hanno bisogno di attenzione, di delicatezza, di trovare un luogo dove poter essere ascoltati e trovare un ascolto profondo. Si diceva anche che a volte i giovani vogliono soltanto essere ascoltati e non vogliono ascoltare (ma questo è un po’ vero per tutti).
Mi veniva allora il pensiero che quando una persona trova dei luoghi dove viene ascoltata, diventa credibile con il tempo. Infatti, se tu ti accorgi che qualcuno veramente ti ascolta, questo ascoltare nel profondo l’altro, questo sentirsi accolto, fa sì che l’altro poi stabilisce con te una relazione e nella relazione poi puoi fare un percorso. Si diceva infatti che bisogna attivare percorsi.
È stato sottolineato come in questo tempo di crisi che stiamo vivendo si può ripartire da una testimonianza gioiosa, da una comunità che trasmetta la gioia e la concretezza della vita, e far passare il Vangelo in modo concreto.
Qualcuno metteva in evidenza come, anche dopo aver vissuto questa Assemblea nella quale abbiamo ricevuto tanti spunti belli e tanti stimoli, possiamo correre il rischio di continuare o tornare a fare come “si è sempre fatto”, ma questo dipende da noi, da come noi rimaniamo vigili, da come ci aiutiamo a rimanere vigili e a comprendere le strade che il Signore vuole condurci a fare.
A proposito di questo è stato detto che c’è necessità di resettare, di ripartire, di ricominciare da zero e ogni volta mettersi in discussione.
Un altro aspetto che in questi giorni è venuto fuori con forza e molto spesso e che si ritrova anche nella Sintesi Diocesana è quello del “dentro/fuori”, della necessità di “stare sulla soglia”, cioè aprirsi come Chiesa, aprirsi all’Altro, agli altri… A proposito di questo mi veniva in mente un’immagine: a me piace molto il mare, quando posso e ho potuto farlo vado alla ricerca del mare bello, il mare dove tu ti trovi bene, insomma sono attratto dal mare. A volte capita che quando tu vai nel mare più bello, nelle zone più belle, diventa quasi difficile accedervi perché a un certo punto cerchi di andare verso il mare e ti accorgi che ci sono dei confini, tante isole, magari dei club… è tutto privatizzato… quindi se vuoi arrivare al mare ti devi trovare quel pertugio che ti permette di arrivare in quella parte magari pure meno curata, ma comunque bella. Riconosci che dietro c’è una bellezza, però trovi queste mura chiuse, questi confini dove è inaccessibile, dove non ti viene neanche la voglia di andarci perché c’è una chiusura e se tu non sai che c’è una bellezza nel mare a un certo punto ti fermi in quelle bellezze che trovi fuori e che per te sono le bellezze importanti, perché non hai avuto la possibilità di scoprire l’altra bellezza che sta oltre.
Ho pensato a quest’immagine, non so perché, però mi hanno sempre incuriosito questi posti chiusi e mi veniva da pensare che se vogliamo crescere nella capacità di essere Chiesa che accoglie, Chiesa sulla soglia intanto bisogna, laddove scopriamo che ci sono dei muri tra di noi e dei confini, abbatterli e quindi sempre più fare l’esperienza di attivare percorsi nelle nostre comunità particolari. Quindi sentirsi Chiesa in cammino, popolo di Dio che insieme cammina significa “aprire questi confini” laddove ci sono, abbattere questo mettersi a volte quasi in competizione, dimenticandoci che competiamo tutti sulla stessa mèta che è combattere per la buona battaglia, come ci dice la Parola di Dio.
Pertanto, a un certo punto bisogna aprire queste isole, non creare dei club, ma capire come quelle bellezze che il Signore ci ha fatto sperimentare possiamo metterle in gioco per tutti, per creare quelle strade nuove dove tanti possono avere la possibilità di “accedere al mare”. Accedere a quella bellezza che Dio ci fa sperimentare nel momento in cui l’abbiamo incontrato e lo incontriamo autenticamente, in cammino e in dialogo fra di noi, in relazione tra di noi. Quindi permettere anche ad altri di accedere insieme con noi al mare, di camminare insieme.
Siccome mi è venuta in mente così ho pensato che chissà potesse essere un’immagine utile per aiutarci insieme.
In questo percorso che stiamo facendo insieme c’è quel percorso che anche la Chiesa universale ci invita a fare e il nostro cammino è inserito anche in quello del cammino sinodale della Chiesa universale. Proprio ieri è stato, nel primo percorso dell’ascolto, emesso un documento, che fa tesoro in particolare delle 114 su 115 conferenze episcopali nazionali del mondo che hanno portato un ritorno, così come ha fatto anche la Conferenza Episcopale italiana, CEI, che ha portato il proprio ritorno.
Adesso quel percorso arriverà ad una fase che è quella delle assemblee continentali del 2023. Si svolgerà la prima sessione dell’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi dal 4-29 ottobre 2023, cioè ci sarà un momento di confronto fra tutte le conferenze episcopali, in qualche modo le rappresentanze, dove ci sarà anche la CEI.
È uscito fuori questo documento, di cui è interessante il titolo, “Allarga lo spazio della tua tenda” e vorrei leggervi i cinque punti che nell’introduzione emergono come interessanti, significativi e che mi sembra ci siano delle cose che ritornano rispetto a quanto ci siamo detti in questi giorni.
Questa tenda è simbolo di uno spazio di comunione, un luogo di partecipazione e una base per la missione. Vengono messe in evidenza cinque tensioni generative che si intrecciano le une con le altre:
- L’ASCOLTO COME APERTURA ALL’ACCOGLIENZA a partire da un desiderio di inclusione radicale “nessuno escluso”, mettendosi in una prospettiva di comunione con le sorelle e i fratelli e con il Padre comune; l’ascolto appare qui non come un’azione strumentale ma come l’assunzione dell’atteggiamento giusto su Dio che ascolta il suo popolo. In questo senso l’ascolto è già missione e annuncio.
- LA SPINTA ALL’USCITA VERSO LA MISSIONE, si tratta di una missione che i cattolici riconoscono di dover portare avanti con i fratelli e le sorelle di altre confessioni e in dialogo con i credenti di altre religioni, trasformare l’azione umana di cura in esperienze tipicamente spirituali che annunciano il volto di un Dio che si prende cura fino a dare la propria vita perché noi l’abbiamo in abbondanza.
- L’impegno di portare avanti la missione esige di assumere uno stile, che tante volte è ritornata questa parola, UNO STILE BASATO SULLA PARTECIPAZIONE che corrisponde alla compiuta assunzione della CORRESPONSABILITÀ, altra parola che è ritornata spesso in questi giorni, di tutti i battezzati per l’unica missione della Chiesa derivante dalla comune dignità battesimale.
- LA COSTRUZIONE DI POSSIBILITÀ CONCRETE DI VIVERE LA COMUNIONE, PARTECIPAZIONE E MISSIONE, attraverso strutture e istituzioni abitate da persone adeguatamente FORMATE e sostenute da una viva spiritualità.
- LA LITURGIA, in particolare la liturgia eucaristica “fonte e culmine” della vita cristiana che riunisce la comunità rendendo tangibile la comunione, che consente all’esercizio della partecipazione e nutre con la Parola e i Sacramenti lo slancio verso la missione.
E ADESSO CHE COSA SUCCEDE RISPETTO AL NOSTRO CAMMINO PARTICOLARE?
Qui continua ad essere molto importante il lavoro dell’equipe diocesana.
Riprendo soltanto alcuni punti rispetto al ruolo dell’equipe in questo momento particolare: è importante intanto che, riprendo il Vademecum per non allungarmi troppo: che cos’è dunque un cantiere? Abbiamo parlato di cantieri, quindi, dovremmo riferirci a questa immagine che è un po’ l’immagine comune, “lo si può pensare come uno spazio di ascolto e di ricerca in cui proporre attività e dinamiche utili a confrontarsi sinodalmente sugli ambiti proposti nei cantieri di Betania”. Il testo non precisa su quali ambiti ogni diocesi debba lavorare ma identifica tre filoni lasciando a ogni Chiesa locale piena libertà di decidere come concretizzarli all’interno del proprio contesto specifico oltre alla possibilità…
È importante che tutta la comunità sia coinvolta (lo abbiamo fatto, stiamo cercando di farlo) in diverso modo nell’esperienza dei cantieri, la scelta di far aprire la loro attivazione e quanto da essi andrà emergendo. Tutti i singoli passi concreti dovranno essere comunicati e condivisi così che essi siano realmente un’esperienza di sinodalità vissuta. E qui stiamo cercando di farlo. I cantieri costituiscono poi l’occasione per un confronto che si allarghi oltre la cerchia di quanti ripensano la comunità altro elemento importante che ritornava in questi giorni.
E qui andiamo un po’ più sugli aspetti metodologici e sarò molto breve perché non voglio complicarvi, però è importante saperlo.
La sfida metodologica si gioca su un duplice versante con il ruolo decisivo delle equipe diocesane, gestire il processo che porta alla scelta di quale cantiere attivare e condurre ciascun cantiere attivato con la metodologia appropriata. In entrambi i casi viene ribadito che occorre approfondire e far evolvere il metodo della CONVERSAZIONE SPIRITUALE che mi sembra sia stato anche in questi giorni molto vissuto e apprezzato, così come sperimentato nei gruppi sinodali del I anno e come prospettato nell’Esortazione Apostolica del papa Evangelii Gaudium.
La particolarità del nostro percorso è che abbiamo già fatto dei passaggi nel Consiglio Pastorale e nel Consiglio Presbiterale per far sì che gli organismi di partecipazione possano fare esperienze rispetto a quello che è la loro vocazione.
Siamo arrivati qui con tutto questo percorso fatto e con le sollecitazioni che ci venivano anche da questo percorso e qui abbiamo avuto modo di ulteriormente approfondire alcune cose, il materiale che deriva da queste sintesi è importantissimo per il lavoro che resta da far fare all’equipe diocesana che sarà chiamata a cercare di ritrovare una forma che possa essere utile per orientare questo secondo anno di ascolto secondo quegli indirizzi che sono emersi anche da questa Assemblea e anche però tenendo conto delle tante suggestioni che arrivano proprio dal percorso che ha visto gli organismi di partecipazione a dare alcune sollecitazioni in particolare.
Quindi nella prima metà di novembre l’equipe diocesana la Commissione lavorerà per elaborare qualcosa che sia rispettoso di tutto questo e poi ci sarà un ritorno il 25 di novembre negli organismi diocesani riuniti: la Commissione Diocesana insieme con il Consiglio Pastorale Diocesano e il Consiglio Presbiterale che si troveranno venerdì 25 novembre per trovarsi insieme e in qualche modo “concludere” questo momento della definizione di un orientamento particolare della nostra comunità diocesana, che naturalmente tenga conto del lavoro dell’equipe diocesana perché sarà soprattutto quello che dovrà tener conto di tutto il percorso e poi gli organismi saranno lì magari a riprendere queste cose, però non lì a stravolgerle, perché c’è stato tutto un percorso che già ci ha visto in dialogo.
Per ultimo, per favorire la restituzione in itinere, perché poi c’è anche una dimensione che ci vede… una restituzione che non è soltanto nel nostro interno nell’ambito del percorso nazionale “le singole diocesi e le altre realtà ecclesiali una volta definiti i cantieri comunicheranno al gruppo di coordinamento nazionale il tema e le domande che li caratterizzano, a questi si aggiungeranno alcuni cantieri di ascolto attivati a livello nazionale a partire da gennaio 2023 su tematiche specifiche.
Alle equipe diocesane sarà chiesto di identificare persone ed esperienze in modo da realizzare un ascolto che coinvolga tutto il Paese e valorizzi le diverse realtà locali”.
Vedremo poi come questo si realizzerà, però mi sembrava utile e importante ricordarci che siamo in questo cammino delle Chiese che sono in Italia e partecipiamo insieme a questo cammino. Camminare insieme significa anche avere questa coscienza, consapevolezza di questo cammino di tutte le Chiese che sono in Italia.
Ecco, la finiamo così ma è una CHIUSURA APERTA, il cantiere rimane aperto…