Il secondo giorno dell’assemblea diocesana i partecipanti sono stati divisi in quattro grandi gruppi, ai quali è stato chiesto di esprimersi su tre parole chiavi emerse durante il primo giorno dell’assemblea: GIOVANI, ASCOLTO, FORMAZIONE. Di seguito le cose emerse:
GRUPPO A
I tre ambiti sono concatenati e urgenti.
Dalla crisi si può ripartire.
Stare sulla soglia dell’apertura con umiltà, per essere pronti all’accoglienza della chiesa e dell’altro. Siamo chiamati ad avere la capacità ad essere aperti all’ascolto, la capacità di stare sulla soglia, sulla porta e non giudicare.
Aspetto della corresponsabilità: essere pronti a vedere nell’altro Gesù, questo mi permette di essere testimone gioioso. Far fare esperienza di gioia, solo questo può essere il modo per trasmettere la fede.
L’ascolto: siamo disabituati ad ascoltare. Quando non si ascolta, l’altro non parla. L’ascolto è strettamente legato ai giovani e alla formazione. Per ascoltare gli altri e le richieste di aiuto, bisognerebbe imparare ad ascoltare sé stessi. Un ascolto che diventa relazione, relazione di accoglienza per far sentire l’altro importante, per farsi vicini.
Vivere la relazione con autenticità per imparare a stare con l’altro e per l’altro. Sentirci in cordata… quella dell’individualismo è una tentazione… Valorizzare il carisma dell’altro, imparare a dirmi le mie fragilità perché sono umano. L’ascolto legato al cuore: se io ascolto il mio cuore ascolto il cuore dell’altro. È la persona importante, quindi la formazione, ma non solo intellettuale a livello di testa, ma il grido che viene dall’essere umano: Gesù è umano e sta vicino alla persona.
Giovani: l’ascolto deve essere uno stile, un modo di essere, di approcciarsi all’altro, perché solo così possiamo avvicinarci ai giovani.
Formazione: la nostra società globalizzata dà molto ma dà anche tanta superficialità, per cui è necessaria una formazione alla persona, improntata su questo nuovo stile della conversazione spirituale. Una formazione che ci aiuti a comprendere i cambiamenti che ci sono attorno a noi.
La formazione umana e spirituale ci dà gli strumenti per metterci in ascolto nel modo giusto, per essere capaci di ascoltare non solo i giovani, ma tutti, per essere comunità attraente, per metterci in sintonia con il mondo e ciò che ci chiede nei vari ambiti, per non rischiare di rimanere spettatori di ciò che avviene. Formazione esperienziale, domestica e gioiosa. Non tanto la formazione teologica quanto la formazione della Parola, riportare agli altri il frutto della propria preghiera. Agli altri dare la parola che si è vissuta e quindi dare sé stessi. È l’esempio di vita, la propria testimonianza, la vicinanza nel dolore più che fare un corso sul dolore. È questo l’incontro: non dire, ma fare!
Una pre-formazione è quella del condividere la motivazione profonda che c’è a partire da una fiducia reciproca.
Creare un legame tra le diverse figure educative (genitori, docenti di religione…).
Prima di parlare di formazione ai giovani è importante formare le famiglie che accompagnano i ragazzi, sempre con quella umiltà di avvicinarsi e di stare con loro che spesso sono soli e non sono capaci di trovare strade per crescere.
Il linguaggio è fondamentale. I giovani di oggi sono stati cresciuti dagli adulti di oggi. Hanno bisogno di essere ascoltati secondo il loro modo (i social esempio). Hanno bisogno di fare esperienze, di capire la bellezza del vangelo, che tocca la vita reale ed è concretezza, renderlo più accattivante. Il modo per farlo è fare, sporcarsi le mani, lavorare insieme.
Stare attenti a non fare scelte per ambiti ma attivare percorsi. Formarci a uno stile di comunità nuovo a partire dal nostro tronare a casa. Non continuare a fare come abbiamo sempre fatto ma resettare.
GRUPPO B
I tre temi emersi indicano in modo palese una strada, la priorità da seguire. È necessario distinguere fra ambito: formazione e ascolto e soggetti: i giovani. Non è detto che l’ascolto escluda la formazione e viceversa: fondamentali entrambe.
Il tema dei giovani: un passaggio dalla chiesa ideale ad una chiesa reale. C’è bisogno che le comunità cristiane abbiano a cuore i giovani; dare voce ai giovani concretamente; i giovani hanno bisogno di concretezza. Non c’è possibilità di avvicinare i giovani se non li incontri autenticamente, se non gli vuoi bene. C’è l’urgenza di recuperare i giovani e di andare verso di loro con morbidezza adattandoci a loro. Attenzione a non fare una crociata per i giovani. I giovani non sono il problema!
“Noi giovani cerchiamo concretezza e soprattutto vorremmo che fossero vinti i pregiudizi che gli adulti hanno verso i giovani, vorremmo essere accolti e accompagnati. Vincere la contrapposizione tra giovani e adulti ciascuno mettendo da parte i propri pregiudizi altrimenti rimane il disagio. Noi sentiamo di avere molto da dare”.
L’ascolto senza dialogo e operatività con i giovani è fine a sé stesso, deve trasformarsi in esperienza concreta “chiesa in uscita”. L’ascolto se non è condivisione è sterile e fine a sé stesso.
Ascolto per permettere che nasca un nuovo stile di chiesa. Un cammino diocesano che ci educhi all’ascolto dentro e fuori.
La formazione sostiene sia la dinamica dell’ascolto autentico sia l’attenzione ai giovani. Formare ad uno stile di vita che ci porta a crescere, un cantiere parrocchiale che lavori sulla formazione. Evangelizzazione attraverso un linguaggio semplice. La ripartenza dai bambini inizia con la formazione dei catechisti insieme al servizio. Più che fare essere, non è la quantità delle cose che si fanno che determina il di più, questo di più va ricercato nell’essere ed essere concreti. La formazione come forma nuova, essere aperti alla formazione. Tenerezza e delicatezza nella formazione.
Passare da una idea di comunità, un ideale di chiesa a una reale concezione di quelle che sono le nostre comunità, dare una forma nuova, morbida alla comunità, non usare il linguaggio difficile…
Il punto centrale è formare ad uno stile nuovo di comunità, l’ascolto è lo stile. La necessità di umiltà, il cammino che dobbiamo interpretare deve avere al centro l’uomo, senza pregiudizi.
GRUPPO C
In questo gruppo C è emersa la necessità di costruire un cantiere sui giovani. Tra gli adulti è emersa la difficoltà di trasmettere la bellezza della fede. L’ambito dei giovani è strettamente legato alla formazione e all’ascolto, infatti, ai giovani si giunge solo con l’ascolto e la formazione. Ci si è domandati: come recuperare i nostri giovani? È emerso che i ragazzi non possiedono la vera gioia di vivere anche se ne sentono una forte esigenza e spesso la ricercano lì dove non la potranno mai trovare. Diventa importante, quindi, la testimonianza autentica e credibile che mostra la gioia e la fede, basata sulla Parola, l’essere testimoni autentici di una beatitudine, che non si può trovare nella materialità. A fronte di ciò è necessario formare testimoni capaci di parlare il linguaggio dei giovani, senza improvvisazione, senza parole incomprensibili ma ripartendo dalla base.
Per “attrarre” i giovani c’è bisogno di gesti pratici, concreti, gioiosi, esperienza e testimonianza. La gioia si trova nella testimonianza efficace e concreta che ha bisogno di formazione. Formare noi stessi ma pensare a creare dei formatori. È emerso anche l’aspetto intergenerazionale: l’anziano con la sua esperienza faccia parte della formazione; non dobbiamo considerare i giovani come un’isola, ma farli interagire con tutti noi.
GRUPPO D
Fra le tre tematiche presentate si sono toccati tutti e tre gli ambiti (Giovani, Ascolto, Formazione) che sono strettamente connessi tra di loro.
Emerge la necessità di una formazione più concreta, più pratica, operativa, forma-azione, formati e operativi. Serve una formazione “a fare esperienza”, sono necessarie formazioni che insegnino a mettersi in discussione.La formazione ha bisogno di formatori che non siano accademici, ma guide. Formare ad uno stile di comunità. La formazione è l’esperienza di vita.
Il tema dei giovani è strettamente legato a questo tipo di formazione e all’ascolto. Pertanto è bene cominciare da subito a “far fare” ai giovani, senza dire “guarda come si fa, stai vicino, impara”, ma dando subito loro il compito di fare anche sbagliando. Coinvolgerli per farli sentire importanti e responsabili. A fronte di ciò chiediamoci: ma li vogliamo davvero i giovani in parrocchia?
È necessario ascoltare i giovani che si devono formare. La chiesa deve imparare ad accogliere, ascoltare e formare i giovani. Gli adulti devono porsi in ascolto serio dei giovani.
Per mettersi in ascolto è necessario assumere atteggiamenti di umiltà e sincerità. È necessario imparare a condividere sul serio la vita delle persone.
Linguaggi. Capita che nelle parrocchie mettiamo i giovani davanti a linguaggi che non conoscono affatto e quindi non possono comprendere quanto dicono, per esempio, il linguaggio liturgico- rituale. Quindi è necessario cambiare il linguaggio: per poter incuriosire e far partecipare i giovani bisogna usare un linguaggio che comprendono (non scrivere “incontro biblico di ascolto” ma “vieni ti ascoltiamo” oppure “incontro d’ascolto”).