L’ascolto è uno strumento fondamentale della nostra esistenza, ci permette di apprendere, conoscere il tempo e lo spazio che ci circonda, ci permette di comunicare con noi stessi e con il mondo circostante ma anche, e soprattutto, con l’altro. È questo il tema fulcro che è scaturito durante l’assemblea sinodale dove Papa Francesco ci invita tutti ad ascoltare noi stessi e gli altri. È da qui che vogliamo partire per entrare in punta di piedi nel cuore di ognuno di noi cercando di capire quanto e in che modo ci sentiamo accolti nella nostra comunità parrocchiale.
Il lavoro svolto dalla comunità della parrocchia di S. Anna si è alternato tra un’esperienza diretta con le persone, e dettata dall’esigenza del momento, molto si è svolto in via digitale. Abbiamo proposto un breve questionario, con la possibilità di svolgerlo anche in forma anonima, come punto d’inizio del nuovo percorso “camminare insieme”. Le risposte al questionario hanno aperto un confronto attivo con le persone, approfondito, con chi ne ha avuto il desiderio, con confronti diretti in presenza o con qualche telefonata. Tutto questo ha permesso un nuovo modo di ascoltarci, di Capirci e in qualche modo di crescere insieme. La risposta da parte della comunità è stata positiva, coinvolgendo sia persone che vivono in modo attivo la parrocchia e non.
Le domande che ci siamo posti è su quanto la parrocchia possa essere un punto di riferimento per il singolo e quanto la comunità giochi un ruolo importante in questo processo: sentirsi più o meno accolto in momenti particolari della propria vita è risultato essere un punto centrale. Il racconto più frequente è l’esperienza di rivolgersi alla chiesa quando ci si senta tristi, in particolari momenti come l’adolescenza, ricorrenze felici e anche dolorose, per fare scelte importanti e condividere momenti con il proprio gruppo di amici o la famiglia. Momenti significativi che creano un forte legame con la chiesa. Seppur il ruolo del parroco risulti essere fondamentale, il sentirsi accolto è inteso più come luogo in cui rifugiarsi, e per usare le parole di una ragazza “una culla di fede.” Un altro elemento importante per molti è essere ancora “Nella parrocchia di nascita”, percorrendo anche da adulti tappe felici come i sacramenti dei loro figli, o, quando persone si sono avvicinate alla parrocchia di Sant’Anna e si sono sentite di “fare parte di una grande famiglia. Senza conoscere la persona ti senti accettato per quello che sei”. Persone non praticanti riferiscono che il problema non sia nella parrocchia in sé, ma che non condividono pensieri posti alla base, definendo la chiesa come un luogo chiuso, non aperto alla diversità e al cambiamento, riconoscendo però quanto negli ultimi tempi “qualcosa sta cambiando”. Cambiamento che però non sanno ben spiegare, ma riconoscono nella figura del Papa una persona che alla fede associ l’importanza dei diritti umani. Molti sono stati i consigli per effettuare eventuali cambiamenti: primi tra tutti il desiderio di riavvicinarsi ai giovani e non il contrario, perché bisogna saper modificare il proprio approccio e accogliere anche le loro idee. Alcune persone, pur apprezzando il lavoro degli operatori pastorali, chiede di coinvolgere più persone non dando tutta la gestione in mano “alle solite persone”, sottolineandone come sia importante da parte di queste aver sempre un sorriso e un pensiero carino nei confronti della comunità.
Nel caso della nostra parrocchia, comprendendo il difficoltoso periodo in cui stiamo vivendo e delle restrizioni che fin ora hanno caratterizzato il nostro tempo, si chiede un maggiore sfruttamento dei locali della chiesa per attività dedicate ai bambini e ai ragazzi. Riprendendo le serate gioco e le cene. Il desiderio è quello di andare oltre i tempi in cui viviamo, di tornare a fare ritiri spirituali con tutti i gruppi parrocchiali è grande, tornare a condividere esperienze in presenza viene visto come il primo passo per camminare veramente insieme. La conclusione il pensiero più frequente è come il camminare insieme sia visto più a livello personale e nella propria parrocchia di riferimento e della propria diocesi, il pensiero alla chiesa universale viene vista come qualcosa di grande che va oltre sé stessi e non di propria competenza. Il pensiero è rivolto all’esperienza personale: veniamo da un periodo non facile, dopo la grande mancanza di Don Giorgio abbiamo vissuto subito la pandemia, e chi la parrocchia la vive da tanto trova finalmente un momento per respirare comunione e condivisione. Nel nostro cammino vediamo già piccoli aggiustamenti, e per citare una parrocchiana “già sta cambiando in meglio, e questo a noi fa solo che bene”.
Da bambina amavo la Chiesa. Con le esperienze brutte della vita ho perso la Fede.
La Chiesa ci offre aiuto, consigli. È vicina alle sofferenze dei fedeli e delle persone.
La Chiesa è molto importante per le famiglie. Le famiglie dovranno diventare Chiese Domestiche.
La Chiesa è forza per l’unità. È vicina ai bisognosi.
La sfida ai genitori per trasmettere la fede ai figli è soprattutto la sensibilità al prossimo.
Posto sicuro. Posto di rifugio. Offre senso di famiglia.
La Chiesa offre formazione umana, spirituale. È il primo esempio per i figli.
È un luogo di condivisione per trovare la felicità.
La famiglia come Chiesa domestica deve diventare una testimonianza che illuminerà il futuro.
È urgente organizzare la Chiesa per promuovere i giovani.
La Chiesa ci aiuta a pregare insieme.
È una forza di consolazione, coraggio e speranza per affrontare e assumere le esperienze difficili della vita.
Deve raccogliere, riunire e motivare la partecipazione attiva delle famiglie alla formazione, alla catechesi e allo sviluppo della spiritualità.
Voglio una Chiesa rinnovata in ogni modo. Dalle nuove tecnologie alle più importanti manifestazioni spirituali.
La chiesa deve essere sempre aperta a tutti, molte volte non lo è… Voglio una Chiesa che sia aperta, umana e vicina alle realtà dei suoi fedeli.
Voglio una Chiesa che insegni il valore dei sacramenti, la missione della Trinità. Comunione con la Trinità e nessuno scambio di belle parole e solo doni.
La Chiesa è uno spazio di ascolto e di vita comunitaria.
La Chiesa non dovrebbe essere un luogo di critica, dovrebbe essere un luogo in cui tutti si sentano bene e accolti.
È una sfida per le persone che lavorano, per le persone impegnate. Molte volte, a causa delle nostre responsabilità, rimaniamo fuori dalla vita ecclesiale.
La mia esperienza con la Chiesa è ottima, è molto importante. Ho imparato a camminare con gli altri. Ho formato la mia vita e la mia famiglia. Penso che dovremmo sviluppare molto di più la nostra esperienza sinodale, solidale e umana.
Voglio che i miei figli vivano l’esperienza che ho vissuto io quando ero piccola.
La Chiesa deve promuovere l’unità nelle famiglie. Deve motivare l’accompagnamento dei genitori ai figli.
Deve accompagnare le famiglie divorziate e separate. Deve accompagnare le famiglie separate per avvicinarsi alla vita parrocchiale.
È un posto meraviglioso per incontrare il Signore. Poter conoscere la Missione della Santissima Trinità.
Non c’è testimonianza di vita. Le persone impegnate spesso non rendono testimonianza.
La Chiesa deve seminare con maggiore impegno valori evangelici, etici e morali.
La Chiesa deve aiutarci a ritrovare noi stessi, a trovare pace e tranquillità.
La Chiesa deve promuovere i valori, la vita, senza obblighi e senza regole che ci allontanano o annullano la forza dello Spirito di Dio.
La Chiesa deve essere povera. La Chiesa deve testimoniare la povertà. La Chiesa ei Sacerdoti devono essere poveri, umani e solidali.
La Chiesa deve rimboccarsi le maniche e aiutare i genitori a ritrovare la loro vera Fede per iniziare un nuovo cammino con i loro figli, con le loro famiglie e andare insieme con una nuova conoscenza e un nuovo sentimento. La Chiesa deve spingerci a interrogarci, a dubitare ma poi a non rifiutare le nostre stesse debolezze e fragilità. La Chiesa deve aiutarci a vivere e a maturare in ogni modo.
La Chiesa non deve mai abbandonare la vita e la realtà delle nostre famiglie.