Le domande rivolte come orientamento all’ascolto dei discenti di scuola superiore delle classi quarte e quinte sono state le seguenti:
1) Hai avuto esperienze in cui hai sentito che la Chiesa si è presa cura di te?
2) Cosa dovrebbe fare la Chiesa per far sì che attraverso di essa si possa incontrare Dio?
Questi interrogativi che fungono da cornice all’ascolto da parte dei docenti, hanno visto emergere spunti di riflessione diversi tra loro e non sempre vincolati agli stessi quesiti posti dai docenti di religione per introdurre il momento attivo dell’ascolto sinodale in ambito scolastico. Quest’ultimo ha prodotto riflessioni specifiche tenendo in considerazione il contesto scolastico, il livello culturale dei discenti e la locazione delle scuole presso cui i docenti hanno lavorato.
1)In risposta al primo quesito posto in essere, molte delle riflessioni elaborate dai discenti, anche se personali, si possono generalmente configurare come soggettive e non oggettive. Le riflessioni si dimostrano essere molto diversificate e complesse influenzate da uno stile di vita variabile per cultura e/o contesto economico. Ad un livello generale, la realtà ecclesiale emerge come capace di accompagnare i discenti specialmente nell’età dell’infanzia e in quella pre-adolescenziale. Questo aspetto positivo, viene registrato anche come possibile limite nella propria esperienza di vita, in ordine a una conoscenza della Chiesa che si basa su un rapporto basato su un percorso sacramentalizzante. Percorso che, in un contesto genitoriale cattolico viene delimitato con un preciso inizio (il catechismo) e una fine (la celebrazione del Sacramento). Al termine di questo percorso molti descrivono un allontanamento tempestivo e immediato dalla Chiesa, determinato dalla mancanza di interesse verso di essa, dalla mancanza di fascino e dalla lontananza empatica dalla stessa comunità ecclesiale che non risulta essere conosciuta se non nelle persone dei soli catechisti. Si registra tra i discenti che non hanno ricevuto il sacramento del Battesimo per motivi genitoriali, la volontà di avvalersi delll’IRC a scuola. Questa scelta è per la maggioranza dei casi esaminati, l’unico modo di conoscere o imbattersi nella realtà ecclesiale indirettamente attraverso lo studio della religione cattolica verso la quale si nutre curiosità. Anche qui però, molti dichiarano che negli anni scolastici non sempre hanno avuto modo di conoscere la religione cattolica, sia a causa di docenti che non svolgevano con ordine e regolarità la lezione, sia perché quest’ultima finiva per diventare un momento di dibattito antropologico e storico generale, in cui la Chiesa come parte attiva del processo religioso rimaneva una perfetta sconosciuta così come la stessa persona di Gesù. Un’altra fascia di studenti dichiara di non aver sentito vicina la Chiesa nella fase adolescenziale, specialmente, molti dichiarano di aver vissuto con fatica la separazione genitoriale vissuta in famiglia e come conseguenza, di aver percepito con forte imbarazzo la possibilità di continuare un cammino personale nella stessa comunità proprio in seguito al mutato contesto famigliare.
Una fascia di studenti dichiara, invece, di aver vissuto un’adolescenza cristiana formatasi all’ombra della Chiesa e di essersi sentita attratta in particolar modo dall’associazionismo ecclesiale (Scoutismo, Azione Cattolica, Gifra, Focolarini, Rinnovamento, ecc.) presente nella propria parrocchia di riferimento o di origine. Qui la Chiesa è percepita come famiglia, madre e compagna di vita. Dalle riflessioni emerge generalmente come questa ultima fascia di discenti risulti essere ancora partecipe e molto più sensibile alla Chiesa.
2) Esaminando le riflessioni emerse dal secondo spunto di riflessione, appare da subito, rileggendo tutte le riflessioni, come la tendenza da parte di una maggioranza dei discenti che si definisce lontana dalla Chiesa, esprima considerazioni totalmente negative sulla credibilità di quest’ultima in ordine ai contenuti espressi dal Vangelo e di cui dovrebbe farsi testimone. Molti discenti denunciano che questioni come quelle della pedofilia, il celibato imposto ai presbiteri, i continui scandali riproposti attraverso i media, gli stessi continui errori compiuti nella storia da parte della Chiesa, siano la motivazione principale per la quale la realtà della Chiesa non risulta essere affascinante ai giovani di oggi. Molti discenti appartenenti a questa fascia, nonostante la divergenza di locazione scolastica, di cultura e contesto economico di appartenenza, risulta essere convergente sull’idea che vi sia la necessità di evitare i continui scandali per poter così essere in grado di generare fiducia ai lontani e specialmente nei giovani. Molti studenti e studentesse affermano, invece, che la Chiesa dovrebbe incontrare i giovani col proprio linguaggio, con la propria identità e che, la causa di una eventuale perdita di fascino della realtà ecclesiale sia da attribuire alla incapacità dei preti di farsi conoscere e, al tempo stesso, di parlare e esprimere il Vangelo senza compromessi con la semantica contemporanea che non si prefigge i valori testimoniati da Gesù. Si afferma come la spiritualità cristiana dei santi, spesso festeggiata con tradizioni locali, perda di significato morale e di senso nel concreto, divenendo di conseguenza una mera espressione ritualista che non attrae nel suo esercizio meramente tradizionale i giovani proprio per questo motivo conseguenziale. Alcuni affermano la necessità di aprirsi ulteriormente sulla questione dei divorziati, in particolare parlando dei propri genitori, vivendo l’esperienza della sofferenza genitoriale, questi identificano l’esclusione ecclesiale dei genitori dai Sacramenti cristiani come motivo per essere contro la Chiesa o allontanarsi da essa. Questa fascia di studenti associa spesso questo argomento alla questione del celibato dei presbiteri come dinamica che dimostri come la realtà ecclesiale sia fuori dal tempo che vive affermando che Gesù non abbia posto con la Chiesa di oggi. Una minoranza di discenti afferma che la Chiesa dovrebbe formare meglio la comunità laica detta cristiana, educandola a considerarsi non come parte della chiesa ma come la Chiesa. Capace quest’ultima di sporcarsi le mani senza delegare tutto ai presbiteri delle parrocchie come ultimi, (o nella peggiore delle ipotesi) unici responsabili. Altri, invece, affermano che ancora la Chiesa non riesce a dare al laicato il giusto ruolo che questi, alla luce del Vangelo dovrebbe ricoprire e che, quindi, la crisi della Chiesa dipenda dal fatto che quest’ultima continui ad essere una realtà prettamente presbitero-centrica (clericale) e non cristocentrica. Secondo costoro le difficoltà oggi che si hanno nel definire il concetto di laico in primis, di laicità, di laicismo, o il bisogno stesso di adoperare queste terminologie nella Chiesa esprimano quanto da loro affermato. Quanto emerso è una sintesi del materiale raccolto, letto e ascoltato. Il contenuto espresso, seppure a tratti forte e caratterizzato da sentimenti contrastanti, si è ritenuto opportuno non modificarlo, perché figlio autentico dell’ascolto sinodale, così da evitare di tradire lo spirito di quest’ultimo e favorire copiosi frutti apostolici.